A cura di Greta Piccininni.
La Giornata Mondiale del Diabete nasce nel 1992 su iniziativa della Federazione Internazionale del Diabete (IDF) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in risposta all’incidenza crescente del diabete nel mondo [1]. Secondo l’ltalian Diabetes Barometer Report 2023, in Italia sono circa 4 milioni le persone con diabete, che comportano dei costi altissimi per il Sistema Sanitario Nazionale.
L’8% del budget SSN, infatti, viene assorbito dal diabete con oltre 9,25 miliardi di euro di soli costi diretti (quelli dovuti alla spesa per farmaci, prestazioni ambulatoriali, diagnostica e ricoveri), a cui ne vanno aggiunti altri 11 di spese indirette (assenza dal lavoro, diminuzione di produttività, ecc..).
Abbiamo intervistato Stefano Nervo, Presidente di Diabete Italia, e primo diabetico a capo dell’associazione. Con lui abbiamo affrontato i temi caldi che riguardano oggi il diabete in Italia: la prevenzione, la diagnosi e la gestione della malattia.
Prima della sua carica, ci interessa l’esperienza umana. Le va di raccontarci la sua storia di vita con questa malattia?
“Il diabete mi è stato diagnosticato circa 23 anni fa. All’epoca studiavo all’università e ricordo ormai quel periodo con serenità, nonostante non sia stato un periodo roseo.
In particolare, ricordo la grandissima sete, la necessità di andare sempre in bagno a svuotare la vescica e il fatto di svegliarmi tantissime volte di notte per bere. Mi ricordo anche i dolori fisici legati alla chetoacidosi, tant’è che l’ultimo giorno in cui sono andato all’ospedale per farmi ricoverare, non riuscivo neanche a salire le scale. Per cui, ricordo che ho chiamato casa e mia madre si è rivolta al nostro medico di famiglia che le ha detto di cercare immediatamente di fare una misurazione della glicemia, che ho fatto il prima possibile in farmacia.
All’epoca non si potevano fare misurazioni spot, quindi ho dovuto comprare una scatola intera di stick per fare la verifica con il sangue. Praticamente, era necessario bucarsi il dito e mettere la goccia di sangue su questi stick. Dopo aver aspettato il tempo prestabilito, si confrontava il colore con la scala graduata. Mi ricordo che a me venne fuori il colore nero. Quindi, lo ho riferito al medico, che mi ha detto di andare subito in pronto soccorso. Ho preso la bicicletta e sono corso lì.
Da quel momento la vita è cambiata e ho dovuto cominciare ad adeguarmi a questa nuova realtà. All’inizio è stato difficile, come per tutti, però piano piano sono riuscito a trovare un equilibrio, soprattutto dal punto di vista psicologico. Infatti, dopo la diagnosi di malattia cronica, ricordo che anche al primo mal di gola ero convinto che potesse essere un tumore. È subentrata un po’ di ipocondria e da lì altre difficoltà. Col passare del tempo, però, si impara a gestire la paura e a convivere con la malattia, anche perché non c’è altra possibilità.
Da questa convivenza poi, nel momento in cui sono riuscito a raggiungere una certa serenità, ho cercato di mettermi a disposizione degli altri, facendo attività di volontariato in questo ambito.”
Ad oggi, il diabete rappresenta una delle sfide più impegnative per il nostro sistema sanitario. Per la sua gestione è richiesto un approccio integrato e multidisciplinare. In che misura il nostro SSN è in grado oggi di rispondere a questa esigenza e quali sono le principali mancanze che dovrebbero essere colmate?
“In realtà la distinzione non è tra cosa il Sistema Sanitario Nazionale riesca a fare e cosa ancora no. Piuttosto la questione è: cosa ogni regione riesce a fare e che cosa ancora no.
Anche se si inizia finalmente a discuterne dal punto di vista scientifico, vedo una grandissima difficoltà a intendere il servizio di diabetologia (chiamiamolo servizio anche se è un termine un po’ limitante) come un servizio in sé e non limitato alle mura fisiche in cui viene esercitato.
Nel senso che questi team devono essere interdisciplinari e devono mettere a disposizione dei pazienti diverse figure, ma i numeri spesso non rendono possibile avere un singolo specialista dedicato a quel singolo servizio di diabetologia in quella realtà fisica. A nostro parere, ciò fa sì che in ciascuna regione, nelle ASL, e talvolta anche tra ASL, bisognerebbe ragionare proprio a livello di team. Questo vuol dire fare in modo che tutti i diabetologi possano esercitare la professione di diabetologia senza doverla condividere con altre necessità – come ad esempio quella di stare in reparto, di fare pronto soccorso, eccetera, ma, purtroppo, di diabetologi oggi non ce ne sono abbastanza.
Dopodiché, è fondamentale avere figure come il dietista, il podologo, lo psicologo (etc) e fare anche in modo che tali professionisti possano anche avvicinarsi territorialmente alle persone, andando ad attivare il servizio in più luoghi. Non mi risulta che questa cosa venga fatta ancora da nessuna parte.
Credo che il futuro vada necessariamente in questa direzione per i motivi che ho detto.
Non voglio fare una classifica tra le regioni virtuose e quelle non virtuose, anche perché sarebbe una classifica difficilissima, legata anche ad una catalogazione impossibile dei servizi attivati e di quelli non attivati. Ad esempio, è più importante avere il podologo o avere lo psicologo? Non penso che si possa dare una risposta, perché dare una risposta significherebbe anche dare un alibi per attivare il podologo piuttosto che lo psicologo – o viceversa – non riuscendo mai a dare compimento a questo team multidisciplinare.”
I servizi digitali e le nuove tecnologie sono molto importanti per la gestione del diabete. E si tratta di un campo in cui vengono fatti molti investimenti in nuove tecnologie sanitarie. Quali sono le ultime innovazioni messe a disposizione delle persone con diabete e quali, invece necessitano di un salto in avanti?
“Rispetto alle tecnologie e ai servizi digitali, anche in questo caso si va un po’ a macchia di leopardo. Nel senso che ci sono regioni che hanno attivato la cartella elettronica, altre che ti mandano tutto digitalmente, altre in cui si può andare con il semplice codice fiscale a ritirare i presidi in farmacia e regioni dove invece tutto questo non è possibile.
Oltre a queste tecnologie, orientate alla gestione burocratica della malattia, come anche la ricetta elettronica – che è stata una vera rivoluzione in un certo senso – ci sono le tecnologie orientate alla gestione vera e propria della malattia. Qui occorre fare un distinguo, perché ovviamente sul diabete di tipo 1 abbiamo molti più sensori e microinfusori, di molte marche e anche in modalità open source -anche se questa modalità è più sviluppata sicuramente all’estero, perché in Italia abbiamo la fortuna che questi dispositivi vengono forniti gratuitamente, mentre all’estero no, o comunque non sempre.
Ci sono moltissime nuove tecnologie, tra cui adesso anche le Smart Pen. Si tratta di una specie di microinfusori in cui l’infusione non è continua, ma tiene in considerazione le singole iniezioni che si vanno a fare. Poi, tutte le informazioni fornite sono analoghe a quelle dei sistemi chiusi. Quindi, ad esempio, ci dice quanta insulina o quanti carboidrati sono ancora in circolo.
Nel diabete di tipo 2 la situazione non è la stessa. Per questo, bisognerebbe spingere tantissimo sull’’educazione terapeutica – soprattutto alimentare – e collegata anche alla sensoristica, cioè l’utilizzo dei sensori a scopo proprio didattico. L’empowerment della persona con diabete di tipo 2 viene visto ancora come una nicchia anche se, riguardando oltre il 90% delle persone con diabete – circa 3,5 milioni di persone in Italia – questo traguardo comporterebbe enormi benefici per il sistema sanitario e per le persone stesse.
Purtroppo, questa popolazione è quella che viene trattata – passatemi il termine – peggio. Nel senso che, comunque, sì ci sono nuovi farmaci – e questo aiuta tantissimo – però, chi vive con diabete di tipo 2 soffre ancora moltissimo dello stigma “il diabete te lo sei meritato perché hai mangiato male e quindi te lo sei andato a cercare”. Così come lo stigma del non essere in grado di gestire le cose. Questo magari può essere vero per quanto riguarda alcuni anziani, che hanno bisogno comunque di un caregiver che li aiuti, ma non si può generalizzare.
Il concetto di empowerment, che per il diabete di tipo 1 è sdoganato da almeno 20 anni, deve assolutamente diventare appannaggio anche del diabete di tipo 2. Perché, ad oggi, ancora il 60% delle spese sul diabete è legato a ospedalizzazioni, dovute al fatto che le persone si curano male, non si curano o sanno troppo tardi di avere il diabete.
È possibile istruire queste persone perché diventino il più possibile consapevoli ed indipendenti, sgravando anche il sistema sanitario nazionale, ma soprattutto iniziando a stare meglio, perché le persone informate saranno persone che si sapranno autogestire o che i caregiver sapranno gestire meglio. È una strategia win-win: le persone stanno bene, costano meno e ci sono, quindi, più risorse da investire, soprattutto nelle cure.”
Il 14 novembre è la Giornata Mondiale del Diabete. Quali sono i principali temi di quest’anno e le iniziative promosse da Diabete Italia?
“Anche quest’anno il 14 novembre ricorre la Giornata Mondiale del Diabete e il tema indetto da IDF sarà per il terzo anno consecutivo “L’accessibilità”.
Ovviamente da noi il significato di accessibilità assume una declinazione profondamente diversa rispetto al resto del mondo. Ci sono parti del mondo in cui non si ha proprio accesso alle cure. Per quanto riguarda noi, fortunatamente, in media stiamo molto meglio rispetto al resto d’Europa e del mondo. Consideriamo, infatti, che mentre in Italia una persona su tre non sa di avere il diabete, in Europa e nel resto del mondo è una su due. Quindi, su questo punto siamo sicuramente molto avanti.
Questo non significa, però, che possiamo dormire sugli allori. Questi numeri, infatti, ci dicono che in Italia quattro milioni di persone hanno il diabete, ma un milione in più in realtà lo ha ma non lo sa. Ed è gravissimo, poiché queste persone scopriranno di avere il diabete quando avranno dei problemi di salute, e quindi sicuramente troppo tardi. Per questo, noi dobbiamo avere un approccio all’accesso alle cure improntato alla prevenzione.
Tra l’altro quest’anno ci sono stati i natali della prima legge al mondo sullo screening del diabete messo a sistema in età pediatrica. Significa che nei prossimi anni tutta la popolazione pediatrica verrà sottoposta a screening rispetto agli autoanticorpi che causano il diabete. Questo permetterà, in primis, di avere delle migliori prospettive in termini scientifici di raccolta dati, per cercare finalmente di capire perché viene il diabete.
Inoltre, quando verranno messi in regime di rimborsabilità i farmaci che aiutano a ritardare il diabete, riusciremo, in una certa misura, ad eliminare il diabete in età pediatrica e soprattutto in tenerissima età. Infatti, nel momento in cui ad un anno di età si effettuerà lo screening e si verificherà che si possiedono questi due anticorpi, già solo con la prima assunzione di questo farmaco saremo in grado di ritardare la comparsa del diabete di tre anni e oltre. Questo è un enorme passo avanti nella gestione della malattia. Infatti, quando i bambini non sanno ancora comunicare, la gestione della malattia è molto complicata, soprattutto, ad esempio, per quanto riguarda i pericoli dell’ipoglicemia. È vero che ci sono i sensori, ma la gestione del diabete in età così precoce è davvero difficile per la famiglia e, quindi, la diagnosi è un evento catastrofico per i genitori.
Per noi la Giornata Mondiale del Diabete è molto concentrata sia su questo tema, sia sul fatto che in tante regioni ancora si fa fatica ad avere accesso alla tecnologia. Fortunatamente non all’insulina o ai farmaci, su questo siamo sicuramente molto più avanti rispetto al resto del mondo.
A livello territoriale, tutte le associazioni sono assolutamente autonome nell’organizzare le varie attività previste per la campagna. Quello che stiamo cercando di organizzare noi è un incontro previsto per il 29 novembre a Roma, in cui inviteremo un rappresentante per ogni Regione e che vorremmo che diventasse un evento annuale di condivisione delle buone pratiche. Quest’anno parleremo di gare, delle modalità con cui garantire l’accesso alle tecnologie migliori e con quali strumenti burocratici poterlo garantire.
Un altro tema è, appunto, lo screening pediatrico che, con ogni probabilità, partirà dall’anno prossimo. L’ultimo tema, invece, è relativo al Diabete tipo 2 e alla diffusione dei farmaci legati alla nota 100 di AIFA, che ha aperto la prescrivibilità dei farmaci di ultima generazione non più solo agli specialisti ma anche ai medici di famiglia, e questo va gestito e regolamentato per garantire l’appropriatezza terapeutica e la non esplosione dei costi.”
Referenze
[1] La Giornata Mondiale del Diabete, consultato il 13/11/2023 https://giornatadeldiabete.it/index.php/il-progetto
[2] 16° Italian Barometer Diabetes Report, da Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana.
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