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Fuori dalla torre d’avorio

Fuori dalla torre d'avorio

<<Chi è chiamato a prendere decisioni ha bisogno di una chiave di lettura semplice e concisa allo scopo di facilitare il trasferimento dalla scienza alle decisioni>>. Con queste parole il direttore Uos Supporto alle Politiche del farmaco regionali della Toscana Andrea Messori, insieme ai colleghi Elisa Ferracane, Sabrina Trippoli, ha recentemente ribadito in una lettera aperta a Quotidiano Sanità il ruolo che dovrebbe rivestire l’Health technology assessment (Hta) in Sanità.

Una chiave di lettura basata sull’Evidence-based medicine (Ebm), che già nel lontano 1992 veniva indicata come “nuovo paradigma” per prendere decisioni relative ai singoli pazienti e ai sistemi sanitari.

Nel corso di quasi trent’anni, però, l’evoluzione dellamedicina e delle scienze farmacologiche è stata foriera di un sempre maggiorenumero di nuovi tecnologie che la comunità scientifica e la Sanità pubblicadevono essere in grado di valutare dal punto di vista terapeutico e disostenibilità economica.

Come semplificare la lettura degli studi clinici ai fini della loro valutazione e utilizzo nel percorso di decisione pubblica? Questo sembra essere il passo successivo che la comunità dei payer chiede all’Ebm.

La complessità statistica delle network meta-analysis si è dimostrata poco “attrattiva” per le istituzioni che devono operare scelte per orientare la Sanità di un Paese. La stessa Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ricorda Messori, <<chiamata a più riprese a valutare l’equivalenza dei congeneri innovativi – cioè di nuovi farmaci appartenenti a una medesima classe terapeutica – mai si è avvalsa di una NetMa a scopo decisionale>>.

Ancora una volta si capisce, quindi, che l’Ebm non è qualcosa che deve rimanere confinato in una torre d’avorio popolata da ricercatori, scienziati e medici. Al contrario, deve riuscire ad essere declinata in modalità utili in senso stretto alle attività di valutazione che sempre più frequentemente interessano il mondo della Sanità nel suo complesso di player diversi. Tra cui clinici, produttori di innovazione e payer.

Revisioni narrativestatistiche

Come superare questa impasse? Come garantire una valutazione dell’innovazione terapeutica che sia al contempo statisticamente corretta, con tempi adeguati per consentire un rapido accesso alle nuove terapie da parte dei pazienti e anche la sostenibilità economica delle nuove cure da parte del pagatore pubblico?

Un esempio secondo il team di Messori, potrebbe essere cominciare a cambiare prospettiva passando da un endpoint hard, quale un numero di eventi, ad un altro endpoint, altrettanto hard ma diverso, che è il tempo. Più “facile” da misurare. L’esempio riportato dal team di Messori è racchiuso nel restricted mean survival time (Rmst), che <<rappresenta il tempo medio di sopravvivenza libera da progressione (o da “decesso”). Un analogo della mediana, che però propone diversi vantaggi. Tra questi, la possibilità di essere sempre calcolabile anche in caso di un numero limitato di eventi e la capacità di cogliere la cosa dei lungo-sopravviventi, permettendo anche di classificare in base all’efficacia (“ranking”) chi è risultato il “migliore” o il “peggiore”, valutando anche la rilevanza o irrilevanza delle differenze riscontrate>>.

Che sia tempo di velocizzare e semplificare la ricerca clinica?

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