Evitare nuove emergenze? Occorre riprogrammare la Sanità

Value-based procurement

I decisori nazionali e regionali nel programmare <<non dovrebbero tenere conto solo dello standard, ma anche dell’eventuale emergenza>>. A colloquio con il professor Ettore Capoluongo, ordinario di Biochimica Clinica e Biologia molecolare clinica della facoltà di Medicina dell’Università Federico II di Napoli.

Da dirigente ed esperto di laboratorio, qual è la principale differenza in termini di operatività quotidiana riscontrata tra il prima e il dopo Covid?

Da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria, anche presso la nostra struttura, il Ceinge, biotecnologie avanzate, ci siamo occupati quasi esclusivamente di Covid, in quanto tutte le altre attività di diagnostica sono state bloccate a seguito delle restrizioni ministeriali. Di conseguenza, al nostro centro è si è registrata una contrazione significativa di tutte le attività in corso nel periodo pre-Covid, fatte salve quelle indifferibili.

È cambiata anche la modalità operativa: a partire dai percorsi Covid, disegnati sulla base del rischio clinico, fino alla, abbiamo dovuto rivedere aspetti peculiari legati all’organizzazione del flusso dei campioni e del lavoro in laboratorio, dalla fase preanalitica fino a quella di refertazione. Nello stesso tempo, essendo il mercato saturo di richieste da parte di tutti gli ospedali che stavano attrezzandosi per supportare le attività di diagnostica Covid, abbiamo dovuto valutare diverse tecnologie per essere il più affidabili possibile. Così come è stato necessario addestrare il personale rispetto alle modalità di diffusione del virus e, conseguentemente, alle nuove norme di comportamento specifico in laboratorio.

Vede cambiamenti strutturali nel modo di gestione degli acquisti e nelle relazioni con le aziende?

L’emergenza sanitaria ha indubbiamente snellito alcune procedure di acquisto. Anche perché le aziende sono state chiamate a rispondere in tempi brevissimi a qualcosa che, in termini di impatto, non era stato previsto. Ad esempio, in Campania molte strutture hanno dovuto allestire laboratori per eseguire i test molecolari per il Covid nell’arco di 24 ore: sebbene la maggior parte delle strutture avesse il layout già pronto, la vera criticità è stata rappresentata dalla indisponibilità dei materiali da utilizzare per i test di laboratorio: si andava in “back order” e si otteneva il 30-50% di quello che si ordinava. La saturazione del mercato ha rappresentato un problema a livello internazionale. Ci sono stati momenti in cui temevamo di non farcela e la collaborazione, anche con le aziende fornitrici, è stata molto rilevante per risolvere spesso l’impasse.

Se potesse dare voce ad alcune richieste, cosa direbbe ai decisori regionali?

In primo luogo vorrei porre alla loro attenzione il fatto che non si può lavorare sempre in emergenza. Quando dico emergenza, intendo anche le problematiche relative al personale. Molte strutture italiane hanno sofferto la carenza di personale, a tutti i livelli: la non completa automazione dei processi di laboratorio, quando accoppiata alla carenza di personale, crea criticità importanti, ancor più quando si devono processare centinaia o migliaia di test al giorno. E, per una diagnosi conclusiva di infezione da SARS-Cov-2, la tempistica ha avuto un ruolo fondamentale per alleggerire anche il peso dei sanitari nella gestione dei flussi di pazienti. Strumentazioni completamente automatizzate non erano disponibili in tutto il territorio nazionale e, a volte, quando presenti, non vi erano reagenti a sufficienza, per usarli. A conti fatti, una buona parte del lavoro è stato comunque svolto anche manualmente, con ulteriori kit non utilizzabili sulle piattaforme diagnostiche “chiuse”, dovendo spalmare su turni di 24 il lavoro, ai fini di sopperire alla richiesta di test su tamponi. Come si è visto, a seconda dei settori in sofferenza, solo nella fase di picco si sono fatti i bandi per il reclutamento di personale sanitario, compresa l’assunzione degli specializzandi degli ultimi anni di specializzazione nei ruoli sanitari. Ciò significa che, a livello globale, dovrebbe essere ripensata la programmazione dei sistemi sanitari al fine di permettere di rispondere immediatamente alle vere emergenze, come quelle legate alle pandemie: l’Italia ha retto perché gli sforzi immani di tutti gli operatori sanitari sono stati paganti, al di là delle scelte politiche e della assenza di un coordinamento e supporto europeo immediato che avrebbero permesso, invece, di rispondere in maniera armonizzata a tale tipo di evento eccezionale. 

E al mondo dei produttori?

Chiederei di ripensare al fatto che l’etica resta uno dei pilastri della sanità. Dico questo perché, in una situazione in cui il costo di un bene sanitario comune (ad esempio guanti, o mascherine), diviene essenziale, si è visto registrare un aumento anche di dieci volte, solo perché la domanda aumentava esponenzialmente: francamente questo non è accettabile, anche se le leggi del mercato sono drammaticamente ciniche. E non fa nemmeno onore alla categoria dei produttori del settore diagnostico il fatto che un kit di estrazione del Dna virale abbia visto quadruplicare il suo prezzo o che una soluzione di trasporto di un tampone sia arrivata a costare anche 2.500 euro a litro. 

Insomma, questa emergenza ha messo in luce problemi che erano già presenti in precedenza…

Sì. Ha sviscerato molte problematiche che erano rimaste sotto traccia, ma che in un sistema fortemente sollecitato sono emerse prepotentemente. Criticità che, purtroppo, talvolta sono state pagate con vite umane e di tanti colleghi coinvolti direttamente nella lotta al Covid. Va dato pertanto atto ed onore allo sforzo titanico profuso da tutto il personale sanitario, che ha permesso di colmare tutte quelle falle legate ad una programmazione non adeguatamente tarata sulla gestione degli eventi di natura eccezionale. Il fatto che questo problema non sia stato esclusivamente dell’Italia, deve fare riflettere sulla necessità di un ripensamento sui modelli di gestione di tali criticità, con una cabina di regia quanto meno europea e coordinata anche a livello internazionale.