Dispositivi medici. Il futuro? È il value-based procurement

Value-based procurement

Nell’era di Donald Trump <<i sistemi di pagamento value-based saranno il futuro. Quindi, non fate errori. Se il vostro business ruota tutto intorno all’incremento dei volumi di vendita invece che sul miglioramento degli outcome di salute, sul coordinamento dei processi di cura e sulla riduzione degli sprechi, non avrete successo in questo nuovo modo di ragionare>>. Così Seema Verna, che dal 2017 è amministratrice dei centri per i servizi Medicare e Medicaid negli Usa, ha dichiarato lo scorso autunno dalle pagine del giornale Modern Healthcare sintetizzando in modo tanto assoluto quanto efficace il trend che interesserà sempre più il confronto tra aziende produttrici di dispositivi medici da un lato e strutture sanitarie dall’altro.

Questo vale anche nel resto del mondo a seguito dei ben noti problemi comuni – pandemia a parte – di invecchiamento della popolazione, scarsità di risorse, domanda crescente di salute.

Dagli Usa al resto del mondo

La ricerca sempre più spinta di nuovi modelli di pagamento basati sulla valutazione del reale valore per la salute introdotto dai dispositivi medici, però, non è limitata solo agli Stati Uniti. 

Stando al report diffuso a inizio anno dal Deloitte Center for Health Solutions, infatti, si tratta di un trend che fa e farà sempre più parte del Dna delle strutture sanitarie di tutto il mondo.

Il motivo è presto detto. I sistemi sanitari dei diversi paesi si trovano sempre più a dover fare i conti con una dotazione economico-finanziaria contenuta, a fronte di una domanda di salute in aumento. Anche, ma non solo, in ragione dell’invecchiamento della popolazione. 

Quindi se la coperta è corta, la si può tirare un po’ di qua e un po’ di là. 

Ma la strategia migliore è cercare di rendere più efficiente il suo potere calorifico, per così dire. Fuor di metafora, il payer deve cercare di utilizzare le risorse a disposizione per comprare beni e servizi che, sulla base delle migliori evidenze disponibili, generano un outcome di salute migliore.

Un’opportunità per le aziende

Uno spauracchio per le imprese che vendono dispositivi medici? Niente affatto. Piuttosto un’opportunità: studiare e condividere nuove forme di contratto. 

Un’occasione per proporrecondividere nuove forme di contratto e partnership che vanno dalla valutazione della  performance di prodotto al dal risk sharing. 

L’importante  è che la value proposition dell’azienda produttrice sia sufficientemente forte robusta da convincere il payer

Certo, ma come fare? Innanzitutto, il concetto di “valore” proposto dal produttore deve coincide con il “valore” per il buyer. Le aziende devono innanzitutto capire cosa significa “valore”, nel campo dei dispositivi medici, per l’ospedale o la struttura sanitaria a cui vogliono proporre i propri prodotti, cercando al contempo di rendere scientificamente misurabili ed evidenti i reali vantaggi dell’innovazione proposta . In altri termini, si deve riuscire a mettere sul piatto anche parametri di Qualità misurabili, da utilizzare per far valere i termini del contratto di acquisto value-based.

C’è contratto e contratto…

Sono due le principali forme di contratto innovativo che è possibile che Deloitte mappare per il settore dei dispositivi medici. Nel primo, con risk-sharing, produttori e payer condividono il beneficio derivante dal valore del prodotto, i primi rinunciando ad una parte di utile ma “agganciando” il payer, i secondi “restituendo” una parte di utile a fronte di un dimostrato beneficio. Nel secondo, senza risk-sharing, in cui i produttori eseguono in prima persona una parte del servizio (outsourcing del servizio) oppure riducono il guadagno derivante da un acquisto completo a fronte di “un semplice noleggio”.

Quelli che prevedono il risk-sharing si dividono in:

  • Modelli con outcome garantito, in cui i produttori riconoscono agli utilizzatori sconti significativi o rimborsi qualora non si raggiungano gli outcome clinici o economici concordati.
  • Modelli a gain sharing, in cui da un lato i produttori forniscono agli ospedali i prodotti a un costo contenuto, dall’altro i payer riconoscono al produttore una parte del risparmio o del guadagno ottenuto grazie all’utilizzo dei prodotti.

I contratti che non prevedono il risk-sharing comprendono:

  • Modelli device-as-a service, in cui le strutture che erogano servizi per la salute non comprano i device, ma l’accesso per il loro utilizzo.
  • Modelli a gestione del servizio, in cui le strutture sanitarie appaltano in outsourcing all’azienda di dispositivi sia la gestione che l’operatività di laboratori o cliniche.

Perché cambiare modo di ragionare?

Pensare e organizzare il modo di proporsi ai propri interlocutori in modo distruptive rispetto a quanto si è fatto sino ad ora è una delle principali barriere da superare. 

Perché la posta in gioco è alta, l’equilibrio del sistema, e bisogna considerare i possibili vantaggi reciproci derivanti dall’implementazione di contratti value-based

Secondo i player del settore, i vantaggi sono molti e vanno dalla possibilità di creare una differenziazione significativa tra prodotti, al mettersi al riparo dall’erosione del prezzo, all’aumentare le proprie difese rispetto allo switch tra fornitori, in virtù di un legame più saldo con il proprio cliente.

Domande (e risposte) giuste, per modelli giusti

Attenzione però. Non tutti i prodotti sono adatti per sottostare a un contratto value-based e non tutte le aziende possono attuarlo. 

Per le tecnologie o la diagnostica – è probabile che si possa definire una buona value proposition in virtù dell’ampiezza del target finale, dell’elevato costo collegato alla patologia, della possibilità di misurare concretamente nel lasso di tempo di un anno il reale miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti o la riduzione dei costi sanitari.

I dispositivi che interessano le procedure sanitarie invece trarranno vantaggio dalle nuove forme contrattuali in relazione all’elevato costo delle procedure, alla capacità di ridurre significativamente i costi delle procedure sanitarie stesse misurando questo impatto in modo certo.

Nell’approcciare queste nuove forme di valutazione, le aziende devono porsi le “domande giuste” per definire la strategia più idonea da seguire. Tra queste: come posso migliorare il sistema salute perseguendo l’obiettivo di business? Quale è l’orizzonte temporale “migliore” per il mio business (a breve o lungo termine?) Che mix di soluzioni offrire? Conosco il mio interlocutore? Posso supportarlo affinché percepisca il valore dell’offerta?  Come dimostro e come declino il valore della mia offerta?

Nel 2019, Fare (Federazione delle Associazioni degli Economie dei Provveditori della Sanità), in collaborazione con Helaglobe, ha tenuto giornate di formazione per i propri associati,  sui temi della declinazione della Qualità nell’offerta economicamente più vantaggiosa e del Servizio Accessorio come espressione di Qualità, dialogando anche con i produttori.

Dal confronto delle esperienze delle Stazioni Appaltanti è emersa apertura mentale all’identificazione e definizione di nuovi modelli di valutazione dei prodotti (il concetto di Qualità è una specifica del concetto di valore del prodotto) e, di conseguenza, di nuovi percorsi – certo non ancora modelli – di acquisto, attraverso l’utilizzo di strumenti legislativi già a disposizione, quali l’Accordo Quadro. 

…il ragionamento di Seeme Verna è arrivato anche dall’altra parte del globo….

Leggi il report di Deloitte Center for Health Solutions